Trai vari obblighi di Legge, ai sensi di art. 41 e art. 176, comma 1 del D.Lgs.81/08 e s.m.i. (TUSS, Testo Unico per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro), il medico competente deve occuparsi del ‘lavoratore che utilizza il videoterminale per almeno 20 ore settimanali dedotte le pause’ (art.173, comma 1, lettera c, D.Lgs.81/08 e s.m.i.) in merito a sorveglianza sanitaria, sopralluoghi negli ambienti di lavoro (Riferimento: Allegato XXXIV), formazione-informazione sui rischi e partecipazione alla riunione annuale (per aziende con oltre 15 lavoratori ai sensi di art.25, comma 1).
Si tratta per lo più di lavoratori impegnati all’interno di banche e assicurazioni, uffici di enti di ricerca e società di servizi, call center e stazioni di controllo, ma anche ‘a domicilio’ o in altri ambienti extra-aziendali, attraverso l’attività in remoto meglio conosciuta come ‘smartworking’.
Inoltre l’avvento della digitalizzazione del mondo del lavoro (Impresa 4.0) ha moltiplicato le postazioni dotate di videoterminale in ambiti non tradizionali, quali la logistica ed i trasporti, la sanità e l’industria.
Questa trasformazione del mondo del lavoro, sia per la varietà degli ambienti che per l’introduzione di nuove organizzazioni, sta presentando nuove criticità per la salute dei lavoratori con inevitabili ricadute sulle aziende: dalle problematiche muscoloscheletriche (posture incongrue) ai rischi emergenti oculovisivi (luce blu), dalla salute mentale alle malattie metaboliche e neoplastiche legate alla sedentarietà.
Tuttavia, nonostante siano trascorsi 25 anni dall’introduzione degli obblighi di Legge nei confronti dei cosiddetti ‘videoterminalisti’ (il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare i rischi per la vista e gli occhi, i problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale e le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale), l’attività del medico competente in questo ambito è ancora sottovalutata nelle aziende, a volte confusa con il medico oculista, in altri casi trascurata dallo stesso medico.
Eppure si stima che i lavoratori al videoterminale siano in Italia tra i 16 e i 20 milioni all’interno di un trend in costante aumento, ma che ne risultano visitati regolarmente meno di 3 milioni.
Perciò appare ancora lungo il percorso da compiere per garantire una autentica tutela della salute a ‘vecchi’ e ‘nuovi’ videoterminalisti e, nel contempo maggiore produttività per le aziende.
Contrariamente a quanto percepito da molti, una attività sostanzialmente sedentaria può nascondere insidie per la salute, spesso sottovalutate e a volte proprio ignorate.
Il ‘medico competente’ ricopre in questo caso un ruolo prevenzionistico decisivo, innanzi tutto verso l’insorgenza di malattie professionali o lavoro-correlate (p.es. Sindrome tunnel carpale, Tendiniti distretto polso-mano, epicondilite, tendinite cuffia rotatori, ecc.) causate da “sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore per lavorazioni svolte in modo non occasionale che comportano movimenti ripetuti o mantenimento di posture incongrue” (M.P. n°78, D.M. 9 aprile 2008).
Ma nella maggior parte dei casi le criticità riguardano la valutazione di compatibilità fra l’eventuale menomazione/malattia ‘comune’ dell’operatore e le ‘richieste’ della mansione e diventa a volte necessario un lavoro di squadra, che coinvolga tutte le necessarie competenze, aziendali ed extra-aziendali, sia tecnico-organizzative che sanitarie, come accade per esempio nei casi di ‘accomodamento ragionevole nei luoghi di lavoro’ (rif. Legge 190/2014).
Il medico competente riveste un ruolo centrale anche nei casi in cui l’azienda intenda realizzare iniziative di promozione della salute per i lavoratori, che verranno di volta in volta ‘confezionate’ in base agli obiettivi ed al budget disponibile con riferimento al’art.25 comma 1 D. Lgs. 81/08 e s.m.i.
Tuttavia nelle aziende che hanno già assicurato un buon recepimento della Normativa vigente, la routine quotidiana è caratterizzata principalmente dalla prevenzione di disturbi da ‘posizione seduta mantenuta per tempi prolungati in posizione fissa’ e da ‘utilizzo prolungato di mouse e tastiera’, che possono sempre determinare un sovraccarico funzionale a carico del rachide e degli arti superiori.
La sorveglianza sanitaria dovrà perciò comprendere “un’accurata valutazione dei distretti interessati che tenga conto anche dei fattori predisponenti personali nonché delle abitudini voluttuarie”, come raccomandato da INAIL.
Anche la letteratura internazionale dimostra un incremento dei disturbi a collo e spalle fra i videoterminalisti ed una associazione fra uso del videoterminale e disturbi muscolo-scheletrici, in particolare dolore o rigidità del collo con prevalenza pari al 59,3 %.
In sintesi, l’attenzione deve concentrarsi su due tipi di rischio: i ‘movimenti ripetitivi’ (generalmente dito indice e medio che azionano il puntatore-mouse) e le ‘posture incongrue statiche e protratte’ (principalmente avambraccio e tronco privi di sostegno, rispettivamente del piano di lavoro e dello schienale).
Perciò, se da un lato è fondamentale una sorveglianza sanitaria mirata in grado di prevenire il manifestarsi di quadri clinici conclamati, cogliendone i sintomi ed i segni più precoci, ancora più importante è la predisposizione di un layout adeguato delle postazioni, aderente alle raccomandazioni di Legge (in primis: piano di lavoro e seduta), e una azione formativa-informativa pratica ed aggiornata, che orienti gli operatori sulle corrette posture da assumere.
Naturalmente una corretta prevenzione del rischio muscoloscheletrico nei lavoratori ‘in remoto’, o comunque impegnati in una attività ‘ibrida’, presenta ulteriori criticità e richiede un approccio articolato. Per questo tema si rimanda al capitolo Il metodo VIRA (VDT Integrated Risk Assessment).
Infine vanno citate le attrezzature dotate di un ‘piccolo dispositivo di visualizzazione’ (< 10 pollici), come smartphone (PDA-phone) e ‘tablet’, che pur non rientrando nei criteri di applicazione della Legge, costituiscono una problematica oggettiva che non conviene sottovalutare. Per tutti si ricorda la tendinite del pollice (M. di De Quervain) che può essere causata dalla scorretta ed abnorme digitazione dello smartphone.
I disturbi a vista ed occhi (arrossamento e bruciore, pesantezza e secchezza a titolo di esempio) rappresentano le problematiche più studiate e probabilmente le più diffuse tra i videoterminalisti, ma da alcuni anni emergono nuovi elementi che meritano attenzione.
Diverse pubblicazioni internazionali si sono occupate del rischio ‘visione ravvicinata, protratta e statica’, a proposito dell’aumento considerevole della prevalenza della miopia nella popolazione. Il fenomeno della miopia, definita ‘accomodativa’ o pseudomiopia, poiché favorita dal lavoro prossimale, caratterizzato comunque da un difetto di rifrazione modesto, si spiegherebbe soprattutto con l’utilizzo crescente dei moderni dispositivi informatici dotati di un piccolo schermo.
Oggetto di diversi studi sono anche gli effetti sulla vista e gli occhi dell’esposizione a luce blu considerato che, al di là della luce solare e di alcuni tipi di lampade, anche gli ‘schermi piatti’ ne producono una quantità modesta. Il sospetto è che tale esposizione possa causare un danno ad alcune strutture dell’occhio, quali la cornea il cristallino e la retina in particolare, per ora dimostrato su cavie a livello sperimentale.
In attesa di acquisire maggiori certezze, rimane al centro della sorveglianza sanitaria del videoterminalista l’obiettivo della diminuzione dei casi di astenopia (sinonimo di affaticamento ‘oculo-visivo’) di natura occupazionale, che la letteratura nazionale degli anni ‘90 poneva al 40-50 % di prevalenza.
Le percentuali ad oggi risultano molto più basse fino a scendere al 10 %, grazie all’impegno profuso negli ultimi decenni a favore del benessere lavorativo del ‘videoterminalista’: progettazione di nuovi uffici con la selezione di adeguati materiali di arredo, moderni strumenti informatici con schermi più grandi ed alta risoluzione, azione di sensibilizzazione dei Servizi di Prevenzione e Protezione e dei Rappresentanti dei lavoratori per le loro competenze, momenti formativi-informativi dedicati ai lavoratori, attività di prevenzione dei medici competenti, dal supporto consulenziale alla formulazione dei giudizi di idoneità con eventuali prescrizioni.
Infatti va ricordato che negli ambienti di lavoro non adeguatamente concepiti ed organizzati e/o nelle popolazioni non (o non correttamente) sorvegliate e monitorate, i principali disturbi/disagi evidenziati dalla letteratura scientifica persistono tuttora. Secondo l’INAIL “Mal di testa, rigidità della nuca, bruciore agli occhi, lacrimazione, dolori in corrispondenza di spalle, braccia e mani sono disturbi che più frequentemente interessano gli addetti ai videoterminali.
Perciò la problematica dell’affaticamento oculo-visivo rimane tuttora di estrema attualità, considerato che l’avvento dello smartworking emergenziale ha dimostrato una accentuazione dei disturbi, causato da ambienti, postazioni ed organizzazione del lavoro improvvisati a domicilio o in altre sedi prescelte.
In conclusione, l’obiettivo benessere oculovisivo deve costituire ancora oggi il ‘goal’ dell’azione del ‘medico competente’, anche in sinergia con altri professionisti sanitari (oculista, ortottista e ottico-optometrista) ed unitamente alle altre figure della prevenzione aziendale.
La realtà quotidiana negli uffici può essere a volte caratterizzata da organici ridotti e relative attività ‘in straordinario’, picchi di attività stagionale e deficit di comunicazione. Tra i principali fattori che favoriscono l’insorgenza di stress lavoro-correlato emergono ‘intensità del carico e dei ritmi di lavoro’, ‘scarso controllo dei processi di lavoro e impossibilità a partecipare alle decisioni’, ‘monotonia e scarsezza di contenuti’.
E vanno inoltre ricordati il ruolo dei fattori psico-sociali nella individuazione di casi di affaticamento oculo-visivo e le evidenze scientifiche che intrecciano disturbi muscolo-scheletrici e stress lavorativo. Per non parlare dei ‘problemi legati all’affaticamento mentale’ di assoluto interesse per l’evoluzione del mondo del lavoro, che il datore di lavoro ha già l’obbligo di valutare ai sensi di art.174 D.Lgs.81/08 e s.m.i..
Inoltre con l’utilizzo di dispositivi portatili, quali tablet e smartphone (PDA-phone), non si può non pensare allo spazio crescente che sta conquistando il cosiddetto ‘tecnostress’: un disturbo causato dall’uso scorretto ed eccessivo di tecnologie dell’informazione e di apparecchi informatici e digitali.
Una attenta sorveglianza sanitaria del videoterminalista permette di raccogliere elementi utili ad un monitoraggio prezioso, che consenta al medico competente di riconoscere precocemente disturbi lavoro correlati, spesso associati a diversi apparati.
In questo modo uno strumento di prevenzione secondaria e terziaria come la sorveglianza sanitaria può fungere da feed-back per una più appropriata prevenzione primaria del rischio stress lavoro-correlato.
Ma è proprio la ‘prevenzione primaria’ da preferire, attraverso la realizzazione di ambienti ‘antropocentrici’, governati da una efficace organizzazione del lavoro che comprenda idealmente chiarezza di comunicazione, trasparenza, adeguato supporto ai lavoratori, anche tramite formazione continua, ed attenzione verso i loro bisogni.
Si tratta perciò di una delicata responsabilità, che parte dal datore di lavoro e coinvolge diversi collaboratori e figure della prevenzione aziendale, precisando che la valutazione dello stress lavoro-correlato non è altro che una analisi organizzativa della stessa azienda.
Tuttavia la digitalizzazione del mondo del lavoro, i nuovi modelli organizzativi e l’introduzione emergenziale dello smart working, che si sta consolidando come ‘lavoro ibrido’, evidenziano progressivamente una problematica più generale: la salute mentale nel lavoro al videoterminale.
Infatti nuovi aspetti, quali l’iperconnessione e l’invasività del lavoro, la mancanza di supporto ed il rischio di molestie o violenza, l’aumento del carico di lavoro e la sensazione di isolamento richiedono un nuovo approccio complessivo, caratterizzato da indagini conoscitive, somministrazione di questionari, formazione ecc., in grado di individuare i problemi e proporre le relative soluzioni (ved. capitolo Il metodo VIRA, VDT Integrated Risk Assessment).
A sostegno di tali iniziative la Risoluzione del Parlamento europeo datata 5/7/2022 auspica politiche intersettoriali ed integrate da parte degli Stati membri al fine di affrontare il problema della salute mentale con la stessa priorità adottata per la salute fisica.
Sono molteplici le attenzioni che vanno rivolte alla realizzazione di una postazione dotata di videoterminale con riferimento alle problematiche ambientali.
Tra queste va citata la nota esposizione a sostanze quali i Composti Organici Volatili (VOC’s), le polveri sottili (PM) e l’ozono prodotte dalle stampanti-fotocopiatrici dotate di toner. Più recentemente è stata evidenziata una produzione di nano-particelle da parte di questi apparecchi. Si tratta di un gruppo eterogeneo di particelle dal diametro inferiore a 100 nanometri che, durante l’utilizzo, passa dai 5.000 circa ‘di fondo’ fino alle 60.000 particelle/cm3.
Tale dato può assumere una rilevante importanza, considerando lo studio sperimentale che ha dimostrato l’insorgenza di fibrosi polmonare in cavie esposte ad aerosol di nanoparticelle prodotte da toner di stampanti in funzionamento.
Perciò la sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti, unitamente ad un adeguato monitoraggio ambientale, può costituire uno strumento decisivo per seguire vaste popolazioni potenzialmente esposte al rischio e comprenderne meglio nel medio lungo periodo le conseguenze sulla salute.
Le soluzioni operative consistono nell’utilizzo di fotocopiatrici/stampanti ‘zero emissioni’ (prive di toner), oppure la loro delocalizzazione in aree dedicate, lontane dalle postazioni di lavoro, che prevedano adeguati sistemi di aspirazione.
A proposito di inquinamento indoor vanno ricordati fattori di rischio chimico più tradizionali quali prodotti impiegati nelle pulizie, materiali edilizi (formaldeide, ecc.) e l’inquinamento esterno.
E tra questi fattori si nascondono probabilmente le cause responsabili della SBS (Sick Building Syndrome) che si manifesta attraverso irritazione alte vie aeree e cute, disturbi nervosi-sensoriali, la cui natura non è ancora del tutto chiarita.
La soluzione si concretizza in provvedimenti di natura impiantistica (efficace ventilazione con sufficienti ricambi d’aria) nelle fasi di progettazione e realizzazione dell’ambiente di lavoro, mentre la successiva attività di prevenzione fa rima con ‘manutenzione’: periodica pulizia e sostituzione dei filtri.
Si colloca accanto a questo tema il problema del microclima negli uffici, che potrebbe essere sintetizzato in una unica ‘questione’ centrale: la diversa (a volte opposta) percezione del caldo/freddo tra più soggetti operanti in postazioni adiacenti, che può condurre a disagi, fino a veri e propri conflitti.
Non essendo sempre possibili soluzioni logistico-impiantistiche (divisori, incremento sensori, personalizzazione della temperatura, ecc.), generalmente si raccomanda l’unico suggerimento praticabile: l’allontanamento tra loro dei lavoratori che si collocano nelle due code opposte della nota ‘curva gaussiana’, dedicata alla distribuzione della popolazione in base al soggettivo benessere climatico.
Tra i rischi fisici va ricordata almeno una problematica di attualità per i (comunque rari) casi di riconoscimento di malattia professionale, Neurinoma del nervo acustico, seppure legati maggiormente alle attività svolte al di fuori degli uffici: l’esposizione a campi elettromagnetici attraverso l’uso professionale dello smartphone.
Il tema merita una trattazione approfondita a sé stante, perciò in questa sede è sufficiente sottolineare l’importanza della valutazione del rischio e perciò il ruolo del medico competente anche in relazione ad una auspicabile attività di formazione dei lavoratori a protezione di tale rischio.
Infine merita di essere citato un ‘vecchio’ rischio, storicamente presente nell’industria, ma tuttora fonte di disagio in alcuni ambienti del terziario: il rumore. Naturalmente non si tratta di livelli sonori che possono produrre un peggioramento permanente della soglia uditiva, ma di intensità che possono ostacolare attività che richiedono notevole attenzione e concentrazione. Al giorno d’oggi una adeguata scelta di materiali con l’eventuale adozione di pannelli fonoassorbenti riduce in maniera più che accettabile il rumore di fondo. Inoltre nei call center l’utilizzo di cuffie con regolazioni del volume non può produrre disagio o, peggio, danni permanenti, all’apparato uditivo.
In definitiva, i vari fattori di rischio sopra descritti possono essere controllati da diverse azione preventive. Tuttavia è sempre preferibile una attenzione mirata alle strutture, in particolare alla scelta degli arredi, dei materiali e degli strumenti tecnologici più idonei, che consenta di neutralizzare i rischi attraverso una prevenzione primaria.
Fino a pochi anni fa in ogni testo di medicina del lavoro, che si occupava di rischio biologico negli uffici, o comunque nel terziario, la problematica si esauriva approfondendo la problematica della ‘legionellosi’, legata spesso ad una insufficiente manutenzione degli impianti di condizionamento dell’aria, o al massimo raccomandando misure protettive per gli addetti al ‘front office’.
Le pubblicazioni più attente si soffermavano anche sul possibile incremento di casi di allergia causati dagli acari della polvere (presenza di moquette o insoddisfacente pulizia degli ambienti), o sulle più rare manifestazioni di ‘astenopia oculare’ (affaticamento visivo) da infezione locale, causate da una scarsa igiene di tastiere, mouse e piani di lavoro.
Ma dall’inizio dell’anno 2020 non è più così. Tutti gli ambienti di lavoro sono stati interessati dall’emergenza legata alla pandemia da COVID-19 e anche gli operatori al videoterminale sono stati sensibilizzati a seguire tutte le norme di igiene e le misure preventive e protettive, dettate da DPCM, Delibere e Circolari regionali.
Le singole aziende hanno perciò agevolato, contestualizzato ed integrato, le misure preventive-protettive, agendo sul piano igienico-sanitario ed organizzativo con il supporto dei medici competenti, impegnati soprattutto nel ‘contact tracing’, nella gestione del ‘rientro al lavoro’ e nella certificazione delle condizioni di fragilità.
(ved. articolo sul Blog: I lavoratori fragili: una nuova sfida negli uffici).
La drammatica pandemia ha perciò confermato il ruolo centrale del medico competente nelle aziende del terziario, attraverso un costante filo diretto con le principali figure aziendali o con singoli lavoratori in difficoltà, rappresentando un ‘punto di riferimento’, pienamente coinvolto nella gestione operativa della crisi.
Adesso nella fase post emergenziale deve comunque rimanere viva l’attenzione delle aziende verso i soggetti ‘fragili’ ed i ‘care giver’, che, al di là del superamento degli obblighi di Legge, possono esseri gestiti attraverso una policy aziendale dedicata.
Premessa
In epoca di lavoro in remoto sempre più diffuso, tramite l’utilizzo dei più svariati dispositivi elettronici e l’introduzione di nuove organizzazioni del lavoro, la valutazione dei rischi nel lavoro al videoterminale rischia di essere obsoleta e soprattutto inefficace, se non tiene conto di questi fattori.
Gli esperti attribuiscono grande importanza agli aspetti muscoloscheletrici, emersi soprattutto in occasione dello ‘smart working emergenziale’, ai fattori oculovisivi, poiché la letteratura ipotizza conseguenze sulla salute per l’esposizione prolungata e/o ravvicinata agli schermi, ed agli elementi psicosociali, legati all’organizzazione e alle relazioni, incluso il tecnostress, favoriti sia da un’organizzazione sempre più liquida, sia da uno sfumato confine fra vita privata e lavorativa.
Che cosa è il ‘metodo VIRA’
Paolo Santucci e Carlo Bisio (Ergonomo europeo certificato e psicologo del lavoro e delle organizzazioni) hanno realizzato nel 2021 un nuovo modello di valutazione dei rischi (VIRA, VDT Integrated Risk Assessment) mirato a chi lavora con qualsiasi dispositivo informatico dotato di schermo in diversi contesti lavorativi, completando un percorso di ricerca inaugurato iniziato due anni prima.
Il metodo VIRA, nel rispetto delle Norme tecniche ISO 26800 (Ergonomia, concetti generali) e ISO 9241 parti 1, 5 e 6 (Requisiti ergonomici per il lavoro in ufficio con VDT), si basa sulla somministrazione di una Lista di controllo e di un Questionario appositamente realizzati per l’individuazione delle problematiche ergonomiche nelle attività al videoterminale con riferimento alla scala ERW (Ergonomic Remote Working Questionnaire) pubblicata nel 2021 sulla Rivista Italiana di Ergonomia.
A che cosa serve il metodo VIRA
I dati raccolti consentono di valutare, oltre alle modalità di esposizione ai rischi (compito, ambiente e attività), le eventuali suscettibilità individuali e gli effetti sulla salute, permettendo di calcolare attraverso una matrice tridimensionale suggerita dalla letteratura specialistica, un indice di rischio, sia individuale che di gruppo, ma soprattutto di selezionare le misure preventive e protettive più idonee.
Le prime esperienze condotte in alcune piccole aziende dimostrano che attraverso il ‘VDT Integrated Risk Assessment’ è possibile analizzare tutti i rischi correlati alla specifica attività, sia domiciliare che in sede, tenendo anche conto della somma o combinazione dei fattori di rischio, al fine di organizzare e predisporre i posti di lavoro, come richiesto specificamente dalla Normativa nazionale (Titolo VII D.Lgs.81/08 e s.m.i.).
In sintesi
Il metodo VIRA costituisce uno strumento innovativo, che va oltre l’elemento stanziale della postazione, garantendo l’analisi complessiva di un contesto lavorativo ‘ibrido’, che si sta ormai consolidando nella nostra società e non può più contare sui tradizionali metodi di valutazione dei rischi.
VIRA, attraverso un sistema di valutazione integrato, considera ogni problematica ergonomica correlata all’utilizzo del videoterminale, sia fisica che psicosociale, in remoto o stanziale, proponendo soluzioni mirate e personalizzate, con riferimento a Normative tecniche, Documenti dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro e letteratura scientifica internazionale nel pieno rispetto della Legislazione italiana vigente, comprese le specifiche disposizioni per il lavoro agile (Legge 81/2017 e Protocollo nazionale del 7/12/2021).
Il ‘metodo VIRA’: Le FAQ (Frequently Asked Questions)
1) Si può scaricare ed utilizzare gratuitamente il metodo VIRA?
L’acquisizione del foglio di calcolo VIRA è completamente gratuita, previo impiego ‘personale e diretto’ da parte dell’utilizzatore: in altre parole il foglio non può essere impiegato presso, o ceduto a, terzi. Esiste l’unico vincolo di fornire agli autori i dati raccolti in forma anonima allo scopo esclusivo di migliorare il metodo attraverso l’incremento della banca dati disponibile. Il rapporto è perciò regolato un da contratto firmato dagli autori e dall’utilizzatore diretto del metodo. Un’eventuale consulenza sul campo richiesta agli autori viene quotata caso per caso.
2) Che cosa è la scala ERW?
La scala Ergonomic Remote Working Questionnaire (ERW) nasce da un’indagine (i cui risultati sono stati pubblicati nel 2021 sulla “Rivista Italiana di Ergonomia”) condotta dagli autori su oltre 200 ‘lavoratori in remoto’ impegnati durante il ‘lockdown’ del marzo 2020. La scala ERW consente di rilevare aspetti delle condizioni di lavoro e dei comportamenti, che nel campione coinvolto si sono dimostrati in grado di predire la comparsa o l’aggravamento di problemi oculovisivi o muscoloscheletrici.
3) Perché il risultato dei rischi fisici nella scala ERW è dato da un valore unico, che unisce i rischi oculovisivo e muscoloscheletrico ?
Si tratta di un valore unico poiché così è stato impostato nella statistica pubblicata sulla “Rivista Italiana di Ergonomia” (2021) al fine di stabilire una soglia di rischio ergonomico fisico. Naturalmente è possibile distinguere le problematiche individuali oculovisive e muscoloscheletriche attraverso le specifiche risposte agli items dedicati.
4) Perché VIRA fa riferimento alla Norma ISO 26800?
La norma UNI EN ISO 26800:2011 ’Ergonomia- Approccio generale, principi e concetti’ costituisce il riferimento di ordine generale, poiché riassume i principi e i concetti di base in campo ergonomico, che vanno tenuti in considerazione in ogni campo dell’ergonomia. Perciò la realizzazione di un processo di valutazione dei rischi nel campo della sicurezza, della salute e del benessere psicofisico degli addetti al videoterminale non poteva non tenere conto di questa Norma tecnica, unitamente ad altre più specifiche che riguardano i diversi contenuti del metodo VIRA.
Nello specifico la ISO 26800 ha fornito il modello generale che è servito per implementare lo strumento VIRA e le sue parti.
5) Da quanti items è composto il metodo VIRA?
Gli items sono suddivisi nella Check list relativa all’ambiente di lavoro di competenza generalmente del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (circa 100 item) e nel Questionario dedicato ai lavoratori che comprende circa 150 item. Questi ultimi possono quasi raddoppiare se il soggetto svolge ‘lavoro ibrido’ con una ‘marcata’ differenza (a suo giudizio) fra modalità in sede e in remoto. Gli item coprono in tal modo la valutazione di qualsiasi rischio relativo alla salute psichica e fisica, l’igiene e la sicurezza del lavoratore al videoterminale.
6) E’ obbligatorio somministrare il questionario a ogni singolo lavoratore?
Nelle prime esperienze presso piccole aziende i questionari sono stati compilati da tutti i lavoratori. Tuttavia, per grandi realtà è possibile individuare un campione rappresentativo per ogni gruppo omogeneo, tenendo conto di genere, età, e altre variabili rilevanti, al fine di facilitare il processo di valutazione dei rischi, garantendo comunque l’attendibilità dei risultati.
7) Quali sono le modalità di somministrazione di questionari e check list?
Generalmente viene consigliata la realizzazione di un ‘workshop’ durante il quale si procede con l’introduzione al metodo e la somministrazione guidata al fine di supportare i compilatori e rendere più fluida e attendibile la compilazione.
8) Quale è l’obiettivo a medio-lungo termine per gli autori del metodo VIRA?
Produrre una versione consolidata dello strumento (questionario e checklist), rendendolo sempre più affidabile e sintetico, grazie alle esperienze e alle casistiche raccolte nel tempo, in modo da offrire alle aziende uno strumento valutativo completo e moderno.
Al di là del rispetto degli obblighi di Legge nell’ambito della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, è il caso di ribadire l’importanza di una efficace azione di tutela dei ‘lavoratori al videoterminale’ e di promozione del loro benessere, che consenta di sovrapporre obiettivi di ordine etico ed economico a vantaggio della stessa impresa e di tutta la collettività.
Con l’inizio dell’era 4.0 che apre a nuovi scenari, arredi intelligenti e digitalizzazione degli spazi, tecnologie avveniristiche e nuove modalità di lavoro possono produrre vantaggi, ma anche possibili rischi e relative conseguenze sulla salute, soprattutto per gli aspetti di natura ergonomica e psico-sociale, richiedendo un apporto consulenziale al medico competente sempre più costante e complessivo.
Tuttavia, già da oggi il medico specializzato nel ‘lavoro al videoterminale’, se perfettamente integrato nel sistema di prevenzione aziendale e nel ‘team’ di professionisti al servizio dell’impresa, può portare in diversi momenti un contributo decisivo alla gestione dei molteplici fattori di rischio professionale, dalla progettazione degli ambienti fino alla formulazione dei giudizi di compatibilità alla mansione ed alla realizzazione di eventuali progetti di promozione della salute nei luoghi di lavoro.